28 settembre: per un aborto sicuro, libero e accessibile per tutte le persone gestanti
a cura di Rachele Liuzzo
Il 28 settembre è una data importante per le persone gestanti di tutto il mondo dal momento che corrisponde alla Giornata internazionale per l’aborto sicuro. L’aborto è prima di tutto un diritto - conquistato grazie alle lotte dei movimenti femministi messi in atto per permettere ad ogni donna e ad ogni persona gestante, tra le altre cose, di riappropriarsi del proprio corpo - e come tale va riconosciuto e garantito a chiunque voglia usufruirne. Ma va soprattutto tutelato poiché bersaglio di modifiche continue che minano la sua stabilità.
Sono molte le nazioni che ad oggi ancora non permettono ad una persona gestante di interrompere la propria gravidanza in maniera legale qualora lo desiderasse e, purtroppo, sono numerose persino quelle che permettono legalmente l’intervento ma poi lo ostacolano in modi diversi. In quest’ultima categoria rientra proprio l’Italia, paese in cui l’IVG è garantita dalla legge 194 del 1978 ma nella pratica non sempre risulta esigibile. Ciò in parte è dovuto all’elevata presenza di medicə obiettorə negli ospedali e nelle strutture sanitarie adatte: ci sono regioni come Puglia, Basilicata e Campania in cui gli obiettori sono 8 su 10; in Sicilia e Abruzzo addirittura 9 su 10. Secondo un’indagine condotta da Chiara Lalli e Sonia Montegiove (ed esposta nel loro ultimo libro Mai Dati) ci sono ben 72 ospedali in tutta Italia che hanno tra l’80% e il 100% di personale medico obiettore, 22 ospedali e 4 consultori dove si registra il 100% tra ginecologə, anestesistə, infermierə e OSS che si rifiutano di praticare una IVG, mentre in altre 46 strutture l’obiezione di coscienza supera l’80%. In totale si contano ben 11 regioni con almeno un ospedale sprovvisto totalmente di personale non obiettore.
La gravità della situazione, oltre alla disomogeneità tra le varie parti d’Italia, è dovuta prevalentemente all’incapacità dei governi che si sono susseguiti negli ultimi 46 anni, ma in parte anche alla struttura della stessa legge 194. Essa nei fatti ha reso legale la pratica dell’aborto, concedendo di poter interrompere una gravidanza entro i primi tre mesi dal concepimento (superato questo termine si può solo praticare a scopo terapeutico, cioè se la persona gestante rischia di morire o se il feto presenta malformazioni), tuttavia ha anche spianato la strada allə antiabortistə e allə medicə contrari introducendo la possibilità di rifiutarsi qualora l’intervento andasse contro i loro principi morali. Si tratta dunque di limiti abbastanza evidenti che impediscono alle persone pazienti di avere pieno controllo sul proprio corpo e che, in quasi un cinquantennio dalla comparsa della 194, sarebbero stati facilmente abbattuti se solo i vari governi ne avessero davvero avuto intenzione. Invece ci si ritrova oggi, nel 2024, a discuterne ancora, a fare i conti con un drastico calo di aborti in tutto il paese e con nuove manovre politiche volte a limitare ancor più quello che, oramai, è più un privilegio che un diritto.
Alcune di queste manovre sono state messe in pratica dall’attuale governo Meloni, il quale ha dichiarato più volte di non voler toccare la 194 e, di fatto, non la modifica ma la aggira in maniera silente sotto gli occhi di tuttə. I cambiamenti in tal senso sono molti, anzi troppi se si considera che negli ultimi due anni si è assistito a diverse situazioni piuttosto preoccupanti: dalle discutibili affermazioni della Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Eugenia Roccella che, in più di un’occasione, ha dichiarato che “l’aborto purtroppo è un diritto”, a difficoltà locali, come lo sgombero dello studentato occupato 95100 nella città di Catania, spazio usato da un consultorio autogestito e da associazioni come Mi cuerpo es mio e Non una di meno.
Per non dimenticare poi la proposta di Maurizio Gasparri circa il riconoscimento di capacità giuridica allə concepitə o quello che è accaduto la scorsa primavera, quando l’aula di palazzo Madama ha votato in favore del disegno di legge delle destre che permette alle associazioni pro-vita di “assistere volontariamente” coloro che si rivolgono ai consultori per abortire. La scusa utilizzata per giustificare queste leggi è sempre la stessa: operare in favore delle madri e dellə bambinə, proteggere il diritto alla vita (elemento rimarcato specialmente quando si parla di denatalità) e di garantire assistenza alla donna. Ma la presenza dei pro-life dentro i consultori fa tutto tranne che tutelare le donne e le persone che non vogliono portare a termine la propria gestazione, al contrario lede la loro libertà, promuove dinamiche di coercizione riproduttiva - vale a dire tutti quegli atteggiamenti che interferiscono e ostacolano l’autonomia decisionale sulla propria salute riproduttiva - e alimenta lo stigma sociale a cui spesso una persona in simili situazioni è sottoposta.
A questo tipo di realtà si aggiungono altre operazioni non meno preoccupanti, come quelle che prevedono stanziamenti di denaro per fondi della vita nascente, per sostentare le persone incinte o vari finanziamenti imposti come alternativa all’aborto, arrivando addirittura a proposte che promettono di creare cimiteri per feti (eclatante fu il caso del cimitero di Flaminio a Roma, dove i corpi vennero seppelliti senza alcun tipo di consenso). Il tutto spesso finanziato con soldi pubblici. Il governo Meloni, dunque, usa l’espediente delle campagne per la natalità e l’incremento demografico per promuovere, ancora una volta, l’immagine della famiglia cristiana ed eterosessuale (escludendo così tutto ciò che da essa si discosta e favorendo logiche sessiste e omofobe). Eppure è abbastanza evidente che intralciare l’accesso alle IVG non risolverà la crisi demografica in corso ormai da decenni perché le motivazioni di quest’ultima risiedono altrove - la dilagante disoccupazione giovanile ne è un esempio. Inoltre queste misure non potranno mai del tutto impedire alle donne e alle persone gestanti di abortire, potranno solo negare loro un modo sicuro per farlo!
Il tutto risulta ancora più allarmante per determinate Regioni se si guarda al contesto generale in cui tale situazione si inserisce: i continui tagli alla sanità pubblica per favorire quella privata e la recentissima legge per l’autonomia differenziata presto spaccheranno il paese in due e aumenteranno le difficoltà per tuttə lə cittadinə del meridione (dove già di per sé l’accesso all’aborto sicuro è abbastanza ridotto).
Per non parlare poi di quanto siano disastrosi i pronostici se visti da un’ottica internazionale, la quale ci ricorda l’importanza di un linguaggio inclusivo persino quando si ha a che fare con l’aborto. Infatti, le donne cisgender non sono le uniche a poter avere bisogno di una IVG: molteplici sono i casi di aborto negato che coinvolgono persone transgender, non binarie e intersessuali e che troppo spesso passano in sordina! Da segnalare a tal proposito un testo di legge di iniziativa popolare promossa da Radicali Italiani a giugno 2023 (ancora leggibile sul sito di Libera di Abortire), che aveva l’obiettivo di superare la 194 e darle un taglio inclusivo, ma per la quale non sono state raccolte le firme necessarie. Si trattava di una proposta con la quale si richiedevano una serie di provvedimenti giuridici volti a: riconoscere l’interruzione di gravidanza come un diritto riproduttivo a tutti gli effetti; la libertà di poter scegliere come eseguire tale intervento (se in modo chirurgico o farmacologico); l’abolizione dell’obiezione di coscienza; investire seriamente sui consultori; l’obbligo per tutte le strutture pubbliche di riconoscere tale diritto; garanzie di accesso alle IVG anche per persone con background migratorio.
Inoltre, è fondamentale ricordare che esistono parecchie iniziative di questo genere che vanno sostenute se davvero si vuole arrivare ad un punto di svolta. Tra esse merita particolare attenzione My Voice, My Choice, un movimento in grado di coniugare nove organizzazioni e coalizioni di ben otto Paesi europei che si battono per far riconoscere i diritti riproduttivi a livello nazionale. Per far ciò My Voice, My Choice sta portando avanti una petizione ufficiale (Iniziativa dei cittadini europei) alla Commissione Europea per garantire l’emissione di tale diritto per tuttə. La raccolta firme online è ancora in atto: serviranno un milione di adesioni per poter presentare la proposta, si è già a metà e si ha tempo fino al 24 aprile 2025 per contribuire!
Per firmare la petizione: https://www.myvoice-mychoice.org/it
Per informarsi sulla proposta di legge di Radicali Italiani per la quale non sono state raccolte le firme:
Per approfondire: